Ecco la mia strada, sto completando un breve corso di post-filosofia, anche se è un processo totalmente avverso ai grandi studiosi, ovviamente, dopotutto, è facile riconoscere occorrenze con pregiudizi che rasentano l'assurdo, senza commentare la sinistra, o contraria al sistema capitalista, tutte queste cose da autori e professori arrabbiati, ottusi, quindi, disinformati. Sia molto chiaro; Non sono a favore del capitalismo o di qualsiasi cosa contraria alle ideologie - non ne indosso nessuna -, ma capisco che, all'interno di una didattica che cerca il miglioramento, la preparazione degli studenti al contesto filosofico libero e comprensivo, è non è affatto intelligente dividere il corso.
C'è qualcosa di molto
importante che non viene detto agli studenti e che è diventato ancora più
chiaro dopo aver completato questo corso; che le discipline insegnate, ogni
giorno con maggior peso, non sono realmente finalizzate all'insegnamento, ma a
fornire all'interessato diplomi burocratici, autorizzandolo, salvandolo e poi
abilitandolo a posizioni superiori, a sua volta, una volta munito, sarà spetta
al committente/appaltatore nel suo insieme se la combinazione sarà sufficiente
per instaurare un futuro, e naturalmente conveniente, rapporto.
Anche se questo quadro spaventoso non ha le sfumature che lo rendono orrendo e macabro come dovrebbe, ho immaginato, durante i miei mesi di studio, che nel calderone dell'educazione contemporanea manchi qualcosa di molto importante, una salsa, un condimento, una spezia , un ingrediente essenziale: una disciplina che non si limiti a sottrarre la didattica all'ufficialità militarizzante obbligatoria, blanda e stagnante che deve urgentemente affacciarsi nelle aule di tutte le classi, dalle materne alle magistrali: il tema metafisica.
Ma non con negligenza, come zimbello, con scherno, anche perché chi si comporta così lo fa proprio perché non crede che la vita vada avanti.
La vita va avanti; dovremmo
tutti prendere coscienza di questo avvenimento, facendone una massima, anzi, la
più grande, la più importante, la massima incrollabile.
Dal momento in cui l'uomo apprende che, quando muore, è ancora vivo, le sue azioni si rivolgeranno automaticamente alla riflessione, alla ragione, al discernimento.
Ho indicato questa
settimana; “Fino a che punto l'istruzione fallisce mentre no, o da quale fase
lo studente deve imparare a comprendere seriamente le nozioni di #HáMais*?
Sto leggendo un articolo, un
articolo sulla morte, dove spiega che quando moriamo ci ritroviamo tutti
uguali, quando il nostro oggi normale, culturalmente difeso e ampiamente
propagato dai media, dalle mode, dalle tendenze, tanto perché la scienza è stata
intitolata degna di un piedistallo che l'ha allontanata dal pudore, pratica
naturale ad ogni occorrenza universale, rendendo il mondo apatico e
disincantato, quando, in pratica, non gli concede alcun diritto sugli altri; la
congiunzione ambigua, che presuppone che siamo tutti diversi, e che, quando
moriamo, ci accorgiamo che questa individualità – tanto dannosa quanto
illusoria – scompare, creando così la nostra attuale (a)versione della morte.
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