Più
importante che ripiegarsi su se stessi e una buona ragione per farlo è capire
che la governance non è mai affidabile, che è una delle ultime illusioni
esterne da assumere. Dobbiamo imparare a vivere come se un punto di svolta
potesse rovinare tutto in qualsiasi momento, indipendentemente dalla massima
fiducia che riponiamo nel sistema. Nel XVIII secolo era un male per i poveri e
ora non è molto diverso anche se è meglio, ma come possiamo capirlo e guardare
avanti?
*
In qualche
rivista vedo sottolineato che “sapere è potere” secondo Bacon. Potere in cosa?
Non ho capito bene la contestualizzazione, ma è certo che bisognerebbe
limitarla solo al metodo specifico che può essere coperto solo in base ai
desideri individuali. La stessa rivista cita qualcuno che sottolinea i rischi
insiti nelle scoperte scientifiche che passano inosservate o che verranno
osservate solo in tempi futuri; quindi, troppo tardi. Una nota vera che
ovviamente corrobora l’affermazione secondo cui la nostra conoscenza sarà
sempre limitata.
D'altra parte
e per quanto siamo confusi, immagino che questo discorso ozioso o opportuno
secondo cui lo scienziato, l'inventore, si dispiace di aver fatto nascere
un'idea che ha generato diversi inconvenienti; quanto è carico o scaricato
dalla vanità ansiosa pre-invenzione?
Qual è il
punto ideale tra sapere di essere incapaci, vulnerabili e poi girovagare,
convivere nel tuo ambiente senza desiderare qualcosa che ti farà soffrire oltre
la quota stabilita data la persistente mancanza intrinseca?
Questo
pensiero è limitato? Molto. Ma se osserviamo che questo poco ottenuto, se
progettato sotto un’illusione instabile, è ancora peggio che accontentarsi con
meno, ma con uno standard di sicurezza migliore.
Ritornando
alla domanda precedente; come risvegliarsi al punto esatto tra la passività
cosciente e l'attività limitata alla sopravvivenza presentata e poi volgersi
all'interno di questo stato verso un'esistenza più ponderata; stato raggiunto,
allora sì, paradossalmente, verrebbe applicato un più ampio principio “sapere è
potere”.
Non mi stanco
di ripetere che la nostra conoscenza è limitata, molto limitata. Quando non
conosciamo il potenziale con cui il dolore può raggiungerci, continuiamo come
se fossimo supportati da una saggezza che non è altro che negligenza camuffata
nella negazione – uno stato allineato al conforto con l’illusione installata e
la paura di ciò che è strano. Pertanto, quando si manifesta il dolore,
disperiamo, bestemmiamo o manteniamo il nostro vano orgoglio; “Costruiremo
tutto da zero”. Sì, alcune di queste affermazioni sono avvolte in sentimenti
sinceri, ma quello che dovremmo capire è che sarebbe molto meglio se
accettassimo l'inevitabilità del disegno di legge e quindi la non negoziabilità
del dolore, rimediando ad esso; anticipando incontri irreversibili che
necessariamente rimischieranno caoticamente il destino di ognuno.
Proprio questa
settimana una telefonata di un editorialista di investimenti sul giornale
titola la sua rubrica qualcosa del tipo "il tuo più grande investimento
potrebbe andare in malora subito dopo aver deciso chi sposerai".
Anche se è
difficile, è la verità più pura che a nessuno piace ammettere. Quanti contratti
matrimoniali vengono conclusi sotto forma di obblighi – “Sto con lei da molto
tempo; lui/lei è simpatico; Non posso arrendermi adesso; i miei genitori mi
danno la forza più grande; Come affronterò la società dopo? Ci conosciamo da
tanto tempo, ecc., ecc., ecc.» Se la società ti obbliga a sposarti, e questo
passaggio è inevitabile, è meglio pensarci bene prima di impegnarsi seriamente.
Ma non c'è
modo di saperlo, i nostri genitori e i nostri insegnanti sanno solo quello che
fanno, divagava il poeta, però una certa maturità si può acquisire quando si ha
la volontà; la vita ci introduce ai dolori degli altri prima di esporci ai
nostri; Sta poi alla mia attenzione decidere quando l'acqua potrebbe colpirmi
al collo.
Francis Bacon
già nel XVI secolo credeva che la conoscenza fosse potere.
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